«Classico dell'elenismo» [definição de Wilamowitz das epístolas de Paulo] è, tuttavia, una definizione particolarmente infelice. Un aneddoto riferito da Taubes è, a questo proposito, illuminante. Un giorno durante la guerra, a Zurigo, egli passeggiava con Emil Staiger, l'illustre germanista che era anche un ottimo grecista (lo stesso che ha avuto un interessante scambio epistolare con Heidegger a proposito dell'interpretazione di un verso di Mörike). «Camminavamo insieme lungo la Rämistrasse, dall'Università al lago, fino al Belvedere, dove egli avrebbe svoltato, mentre io avrei proseguito verso il quartiere ebraico nella Enge; mi disse: "Sa, Taubes, ieri ho letto le lettere dell'apostolo Paolo". Poi aggiunse con profondo rammarico: "Ma non è greco, è jiddish!". Al che io dissi: "Certo, professore, proprio per questo le capisco!". Paolo appartiene a una comunità ebraica della diaspora che pensa e parla in greco (in giudeo-greco) esattamente como i sefarditi parleranno in ladino (o giudeo-spagnolo) e gli aschenaziti in jiddish.
Giorgio Agamben, Il Tempo Che Resta. Un Commento alla Lettera ai Romani.
Bollati Boringhieri, Turim: 2000, pg. 11-12.
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